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Visualizzazione dei post da ottobre, 2025

Resistenza contadina e repressione statale: leggere il brigantaggio con gli occhi di Molfese

di Mario Garofalo  È necessario considerare, senza pregiudizi, che il fenomeno del brigantaggio postunitario, così come lo documenta Franco Molfese nel 1964, costituisce espressione concreta delle contraddizioni fondamentali tra le masse contadine del Sud e lo Stato nazionale emergente, il quale, pur proclamando libertà e unità, impone con la forza norme e vincoli economici e militari che riducono a miseria e sottomissione la vita quotidiana delle popolazioni subalterne. In questa prospettiva i briganti appaiono come soggetti che, pur nella loro frammentarietà organizzativa, cercano di affermare una propria autonomia di fronte al nuovo ordine borghese, rivelando che la resistenza del popolo si manifesta in forme concrete di opposizione, di sopravvivenza e, infine, di dignità anche a costo della vita. L’azione repressiva dello Stato, con centoventimila uomini inviati contro poche migliaia di insorti, con villaggi incendiati, civili fucilati e terre occupate, rappresenta un tentativo...

Il Risorgimento senza rivoluzione: la lezione di Mario Garofalo

Di Valentino Romano Gli interrogativi che fanno da incipit a questo saggio di Mario Garofalo sono fulminanti e da soli fanno giustizia di ogni errata interpretazione degli scopi e delle finalità che ne sono il motore principale: “Cos’è una nazione, se non la narrazione che essa fa di se stessa? E che cosa diventa questa narrazione quando dimentica, quanto tace, quando rimuove?” Interrogativi questi che, pesanti come macigni e, se vogliamo, anche decisi nei toni ma pacati nella loro dimensione critica e scientifica, muovono alla riflessione di chi non si accontenta di una superficiale e partigiana narrazione oleografica dei processi che segnarono il compimento degli ideali risorgimentali; una riflessione che scava nei limiti taciuti, rimossi e dimenticati degli accadimenti che concretamente segnarono il nascere della Nuova Italia, una riflessione che stimola a guardare all’altra faccia del processo risorgimentale, a quella di chi – in particolare le classi subalterne meridionali – ne r...

Briganti e migranti: la storia dei ribelli dimenticati

di Mario Garofalo A Rionero in Vulture, ogni anno, succede qualcosa che ci ricorda chi siamo e da dove veniamo. Terra di lotte, di ribellioni e di memoria, patria di Carmine Crocco, il generale dei briganti, e di Giustino Fortunato, che provò a raccontare il Sud che soffriva e resisteva. Qui, tra le mura del vecchio carcere borbonico che oggi ospita il Museo del Brigantaggio, la Pro Loco riaccende la storia, fa parlare chi ha lottato e chi ha scelto la fuga come unica possibilità. Briganti o Migranti non è un evento per curiosi: è un richiamo a guardare la realtà con occhi diversi. Il brigantaggio racconta la storia di chi ha opposto resistenza a chi voleva cancellare la dignità del popolo, di chi ha cercato libertà e sopravvivenza contro un mondo ingiusto. Quest’anno, il tema “La fuga nel mondo brigantesco” ci porta dentro queste vite, ci fa capire che ribellarsi, partire, cercare un altrove è una necessità che attraversa i secoli. La prof.ssa Maria Scerrato e Valentino Romano guid...

Liborio Romano e la “polizia camorrista”: quando il Risorgimento prese Napoli per mano della camorra

di Mario Garofalo Napoli, 1860. La città è in subbuglio, il Regno delle Due Sicilie vacilla e Francesco II scappa come un ladro di fronte all'avanzata di Garibaldi. In questo vuoto di potere, emerge Liborio Romano, avvocato e politico salentino, pronto a giocare una partita sporca e sottile, quella della politica opportunista che oggi chiameremmo “trasformismo”. Romano, già ministro dei Borbone, sa che senza un minimo controllo sociale, Napoli rischia il caos. Per mantenerla in riga, recluta i veri padroni della strada, i capi della camorra. Offre amnistia, stipendi e incarichi nella Guardia Nazionale, trasformando i criminali in polizia parallela, garante dell'ordine pubblico e, allo stesso tempo, del potere personale di Romano. Questa scelta appare come una specie di proto - “Trattativa Stato-Mafia” , ante litteram. Il risultato? La camorra entra nelle istituzioni con piena legittimazione dallo Stato e dal nuovo ordine che si appresta a consolidarsi. Romano, da esperto trasf...

Il 17 ottobre 1860, il popolo del Sannio disse “no” all’Italia che nasceva

La storia che non si insegna di Mario Garofalo Succede, ogni tanto, che la storia vera affiori. Quella sporca, disordinata, che non entra nei libri di scuola. Succede, ma non deve. Perché dà fastidio. E allora la si ricopre di polvere, di silenzio, di bugie. Ma la verità, anche se la seppellisci, ha radici grosse: prima o poi spacca la terra. Ottobre 1860: il Sud che non aspettava nessuno Siamo nel 1860, a ottobre, nelle terre alte del Sannio: Pettorano, Carpinone, Isernia. Paesi senza teatro dell'opera, ma con una dignità che fa tremare le montagne. I garibaldini ci arrivano baldanzosi, convinti di essere accolti come liberatori. Avevano letto i giornali, credevano ai proclami. Pensavano che il Sud aspettasse Garibaldi come il Messia. Ma il Sud non aspetta nessuno. E quel giorno lo disse a voce alta. Non ci fu la folla in festa. Non ci furono inni. Non c'era pane e sale, ma sassi e proiettili. Chi erano davvero i “briganti”? Francesco Nullo — nome da piazza, da statu...

La discarica umana dell’Italia unita: il Sud da buttare nel Borneo

La discarica umana dell’Italia unita: il Sud da buttare nel Borneo di Mario Garofalo  L'Italia era appena “fatta” – con le virgolette – e già non sapeva che farsene della sua gente. O meglio: di quella gente. Troppa. Troppo povera. Troppo arrabbiata. E troppo meridionale. Siamo nel 1862. I Savoia hanno messo le mani su un Paese che non conoscono, e il Sud, che loro chiamano “conquistato”, continua a ribellarsi. Altro che briganti: erano ex soldati borbonici, contadini senza più terra, patrioti di un'altra patria. Ma per il nuovo Stato erano solo un problema da eliminare. Le carceri? Piene. I tribunali? Non fanno in tempo. Le prigioni non bastano. Che si fa? Si pensa a una genialata all'italiana: deportare la “feccia” lontano, ma proprio lontano. Nell'Asia. Nel Borneo. Sì, proprio così. Un governo che non riesce a governare decide di buttare la spazzatura sotto il tappeto del mondo. Via i condannati. Via i Briganti. Via gli oppositori. Via tutti quelli che non si inginoc...

Il riscatto mancato: Luverà e l'ultima illusione borbonica raccontati da Fernando Riccardi

C'è un'Italia che non si arrende, un'Italia che non dimentica e che, libro dopo libro, scava nella carne viva della storia tradita, offesa, depredata. Fernando Riccardi, giornalista tenace e penna appuntita del meridionalismo d'inchiesta, torna a fare quello che sa fare meglio: prendere i fatti e rigirarli come i calzini, sventrare la retorica risorgimentale con il bisturi della verità e restituirci pagine che bruciano, perché vere, perché dimenticate, perché fanno male. Ma guariscono. Il suo nuovo saggio – che è un colpo al cuore per chi ama il Sud senza paraocchi – mette sotto la lente un episodio tanto breve quanto cruciale: la fallita riconquista borbonica degli Abruzzi nel gennaio del 1861. Già, proprio mentre a Gaeta ancora tuonavano i cannoni e i ragazzi del Sud morivano da eroi sconosciuti per difendere il loro re, la loro terra, la loro dignità. A capo della spedizione, tra mille esitazioni e giochi di palazzo, viene mandato Francesco Saverio Luverà, ufficiale ...

Berardino Viola, il brigante che l'Italia inventò

di Mario Garofalo Chi oggi scorre le fredde cronache giudiziarie del Regno d'Italia, leggendo di un certo Berardino, detto Berardo Viola, vede soltanto un bandito, un criminale da rinchiudere in gabbia come fiera. Così volevano i vincitori, che ai popoli vinti lasciarono soltanto l'infamia. La Storia – quella vera, non quella imposta dai prefetti e dai generali – insegna invece altro: insegna che un uomo, nato libero tra le montagne del Cicolano, divenne brigante per inganno e persecuzione. Viola non era miserabile; non era il selvaggio che taluni vollero dipingere per dar lustro alle proprie leggi infami. Egli aveva studiato, lavorato, servito come bracciante ed emigrante stagionale; era uomo di fatica, non di delitto. L'avvento dell'Italia piemontese, con le sue coscrizioni forzate, le sue tasse inique e le sue milizie d'invasione, lo precipitò nell'abisso. Quando i soldati di Casa Savoia calarono sul Meridione come sciame di locuste, promettendo libertà e sem...

Nicola Zitara e la colonia chiamata Italia: il Sud visto con occhi postcoloniali

Di Mario Garofalo  Ci sono libri che, quando escono, non fanno rumore. O meglio: non lo fanno subito. Restano lì, come mine sotterranee, in attesa che qualcuno ci inciampi sopra e che la verità, sepolta dalla retorica dei vincitori, esploda. Il saggio di Nicola Zitara L'Unità d'Italia: nascita di una colonia è uno di questi. Pubblicato nel 1971, ignorato dai manuali, scansato dalle cattedre, liquidato con sufficienza dagli stessi intellettuali di sinistra, ha però scavato, anno dopo anno, una voragine sotto i piedi della “favola risorgimentale”. Zitara, calabrese di Siderno, nato nel 1927 e morto nel 2010, era un giornalista, un militante, un meridionalista senza padroni. Aveva capito – in anticipo su tutti – che l'Italia nacque come “colonia interna”: il Nord trasformato in metropoli, il Sud ridotto a periferia da sfruttare. La sua idea era chiara, e scandalosa per i benpensanti: l'Unità si presentò come liberazione di un popolo e si rivelò assoggettamento di u...